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Si parla molto di robotica, intelligenza artificiale e del loro impatto sul mondo del lavoro e sulla vita quotidiana di tutti. Poco o nulla si sa invece dei risvolti giuridici che tali innovazioni comportano. Eppure è importante sapere, ad esempio, di chi è la responsabilità nel caso di un incidente provocato da un robot. Il progresso scientifico corre più veloce, spingendo il diritto verso nuove frontiere. Il caso della donna uccisa investita in Arizona sulle strisce pedonali da un’auto a guida autonoma nel corso di un test drive in strada della flotta di Uber ha suscitato clamore, anche perché a bordo c’era il collaudatore, che non è riuscito a riprendere il controllo dell’auto in tempo per evitare lo scontro. Casi come questi succedono e succederanno in altri contesti. E i giuristi sono alle prese con nuova materia. «Al momento, guardando il quadro giuridico attuale, la responsabilità può essere attribuita solo all’essere umano», spiega Marta Fasan, dell’Università di Trento.

I giuristi sono alle prese con una nuova materia

Dottoranda in studi giuridici comparati europei, vincitrice di una borsa di studio finanziata dall’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), Fasan studia la regolamentazione della robotica e dell’AI, nell’ambito degli aspetti etici e giuridici che queste nuove tecnologie pongono. «Non è prevista alcuna responsabilità della macchina. Dev’essere riconducibile all’essere umano che avrebbe una posizione di garanzia più vicina nel momento in cui la macchina compie l’azione», prosegue Fasan. Il problema sorge quando un robot intelligente agisce autonomamente. «Ci si chiede se è il caso di prevedere nuove categorie giuridiche che inquadrino queste nuove tecnologie, ipotizzando quindi una responsabilità stretta della macchina. Il problema si porrà quando queste saranno del tutto autonome, in grado di prendere decisioni. Al momento robot del genere esistono ma sono solo prototipi».

Lo stato dell’arte della giurisprudenza su questi temi è dunque all’inizio. Non c’è una regolamentazione generale, sia a livello nazionale e che europeo. Però qualcosa si muove. «Il Parlamento inglese ha emanato un documento che analizza i problemi da affrontare con l’intelligenza artificiale. Lo stesso è stato fatto in Francia. Anche in Germania il Parlamento ha adottato delle regole per l’uso di veicoli con funzione di guida automatica o semi automatica. Anche qui, la responsabilità è sempre dell’uomo presente nell’auto, anche se viene impostata la funzione di “pilota” automatico. A livello europeo, l’anno scorso il Parlamento ha indicato con una risoluzione i principi etici e giuridici che dovranno in futuro guidare un intervento della Commissione europea nell’adottare una normativa che regolamenti l’ingresso di queste nuove tecnologie sul mercato. E proprio qui ci si chiede se sia adottabile il concetto di responsabilità da prodotto, ritenendo quindi responsabile chi ha prodotto o chi ha progettato la macchina, oppure se possa esserci un altro tipo di responsabilità da attribuirsi a chi avrebbe potuto evitare o circoscrivere i rischi connessi all’uso della macchina». Per quello che riguarda l’Italia, nel gennaio dell’anno scorso, il Parlamento ha presentato un dossier allo scopo di fornire una prima ricognizione ed un quadro.

Di chi è la responsabilità?

Accanto all’aspetto normativo c’è quello etico, legato alla macchina intelligente programmata per prendere decisioni, in qualunque situazione. «Un parere espresso dal Comitato Nazionale della Bioetica (CNB) – spiega Fasan – l’anno scorso ha considerato i problemi etici derivanti dall’applicazioni di queste nuove tecnologie. Un’auto con funzioni autonome avanzate dovrà prendere delle decisioni nel caso di pedoni che attraversando la strada all’improvviso. Chi deve salvare? I pedoni o i passeggeri? È giusto stabilire in fase di progettazione di queste tecnologie, un codice etico su cosa fare in situazioni impreviste e imprevedibili? Se sì, quale è la scelta più corretta?».

I pareri finora espressi dagli organi di competenza hanno tutti come punto di partenza il fatto che l’uomo non sia né diventi un mero oggetto, un attore passivo nell’ambito dello sviluppo di queste tecnologie. «Al chirurgo l’aiuto di uno strumento robotico fa comodo. Ad esempio nella diagnosi, alcuni sistemi intelligenti sono molto efficienti nel caso di patologie legate al cancro perché hanno la capacità di analizzare una grossa mole di dati, immagini e screening molto più rapidamente di un essere umano. Ma da supporto al medico, non deve crearsi la situazione per la quale il medico deleghi del tutto la diagnosi finale, e la responsabilità che da questa deriva, alla macchina».