Seleziona una pagina

Un robot barista, che con braccia automatizzate prepara il cocktail richiesto dall’avventore. Esiste e si chiama Makr Shakr, un nome che deriva dal gioco di parole “make” e “shake”. Lo si è visto anche recentemente in un locale nel centro di Milano e su alcune navi da crociera.

Al Barbican, parte dell’ dell’esibizione AI: More Than Human, agosto. Photography by Krishanti

Si è sempre detto che il lavoro ripetitivo, privo di valore aggiunto e fisicamente faticoso sarebbe stato man mano eseguito da un robot. È accaduto in passato con l’introduzione della macchina a vapore e accadrà ora con la robotica. Risulta però difficile credere che il lavoro del barista possa essere sostituito da un robot, come quello di un operaio in una catena di montaggio. Sono molti coloro che scelgono il locale dove andare in base al barista di fiducia. E quindi come può un robot sostituire l’uomo in un lavoro così particolare, dove l’attenzione al cliente fa la differenza? «Makr Shakr si è ritagliata un mercato parallelo, senza sostituire in alcun modo l’uomo. L’obiettivo è rendere barman se stessi», spiega Alessandro Incisa, Chief Technology Officer.

Quando gli studiosi di Oxford Carl Benedikt Frey e Michael A. Osborne nel loro scritto “The Future of employment: How susceptible are jobs to computeristation”, pubblicato nel 2013, identificavano le mansioni soggette all’informatizzazione avvalendosi di un metodo per stimare tale probabilità per 702 occupazioni, ne risultò che il 47% dei lavoratori americani avrebbero rischiato di essere sostituiti da macchine. E quando, due anni dopo, il sito americano Npr (National Public Radio), realizzò un contatore che rilevava i lavori a maggiore probabilità di automazione nei 20 anni successivi, il barista era dato al 76,8%. Nessuno avrebbe mai creduto che un giorno dietro un bancone ci sarebbe stata una macchina all’opera. Ma Incisa vuole precisare che Makr Shakr non vuole affatto accantonare l’attività umana, bensì proporre un servizio diverso, che mette il cliente e la sua creatività al centro.

Funziona così: al bancone stanno due robot, due bracci automatizzati. Uno miscela e shakera, attingendo a un dispenser di ghiaccio intero e tritato, pescando all’occorrenza limone, menta e frutta già tagliati; l’altro porge il bicchiere al cliente, il quale ha ordinato il cocktail, magari con qualche modifica secondo il proprio gusto, via app. L’ordinazione può avvenire anche senza app, ma grazie a cameriere “vero” che prende l’ordine al tavolo, trasmettendolo agli instancabili robot bartender. Un monitor smista e condivide i nomi di chi aspetta di ricevere il cocktail, segnalando il tempo di attesa.

Il cocktail è servito

Nata nel 2014 per volere di Carlo Ratti Associati, fondata da Carlo Ratti, architetto e ingegnere nonché professore al MIT, la società Makr Shakr serve migliaia di cocktail a migliaia di persone in giro per il mondo, con installazioni permanenti in 6 navi da crociera Royal Caribbean e altre disponibili negli Stati Uniti (Las Vegas, Biloxi), Francia, Repubblica Ceca, Londra e Milano. Con un fatturato per il 2017 di 1.745.323 di euro, Makr Shakr è una società giovane e dinamica, dove l’età media è 30 anni. Sono 73 in tutto i collaboratori e i dipendenti.