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Se è vero che l’intelligenza artificiale sia la cosa migliore che l’uomo abbia mai creato, allora bisognerebbe cominciare a guardare a quel mondo con più positività. Ad affermarlo è Sundar Pichai, Ceo di Google, intervenendo al Wef di Davos quest’anno.

L’intelligenza artificiale, dunque, è il presente e come tale andrebbe raccontata e insegnata già nelle scuole. Lo sostiene Riccardo Sotgiu, amministratore delegato di Loson, azienda consolidata nell’ambito dei compositi per lo sviluppo di progetti e prodotti trasformando materiali compositi di tipo polimerico rinforzati con fibre ad alte caratteristiche meccaniche CFRP (Carbon Fibre Reinforced Polymer). I campi in cui opera spaziano dall’aeronautica alla nautica, dall’automazione avanzata alle telecomunicazioni, dal mock-up al design. Nata nel 2006, Loson conta oggi 20 dipendenti, un fatturato per il 2017 di 2 milioni e 200 mila euro e ha sempre creduto nell’innovazione coniugando attenzione al cliente e tecnologia. Da un paio di anni ha stabilito una collaborazione con Comau, società torinese parte del gruppo Fca specializzata in automazione industriale, macchine utensili e robot innovativi dedicati all’automotive.

Riccardo Sotgiu, Ceo di Loson

Ingegnere meccatronico specializzato in materiali compositi e semiconduttori, Sotgiu vede nell’intelligenza artificiale un’occasione. «Si stanno automatizzando attività che si prestano ad essere automatizzate e ciò permetterà all’uomo di esplorare altre realtà». L’innovazione dunque come chiave per il successo di un’azienda. «Lo chiedono i clienti. Prima il settore Ricerca e Sviluppo era poco importante, spesso usato come scusa per ottenere risorse distribuite poi in altro modo, oggi non è più così. Il cliente spesso ci fa delle richieste che implicano da parte nostra una disponibilità ad andare oltre. L’aspetto tecnico dunque si evolve e diventa sempre più sofisticato». L’innovazione è però legata anche al concetto, tutto italiano, di bello. Progetti meccanici ingegneristici possono essere eleganti. Molte aziende cercano l’estetica nel componente. Anche i robot collaborativi, intendendo con ciò bracci meccanici che lavorano e interagiscono con l’uomo nell’ambito di un processo industriale o manifatturiero, possono essere belli. «Il design è essenziale nell’ambito della progettazione di un robot collaborativo. Il problema dell’accettazione c’è, si ha paura dei robot e più sono umanoidi più suscitano timore. Il robot dev’essere invece inteso come una lavatrice, un elettrodomestico. Il design nel renderlo tale è fondamentale».

Ogni invenzione all’inizio ha sempre suscitato diffidenza e paura. Vale anche per l’intelligenza artificiale. «Il tema è attuale e le scuole dovrebbero cominciare a parlarne ai ragazzi perché si crei una consapevolezza della cosa», spiega Sotgiu. «Non bisogna avere timore. Nella storia l’uomo ha sempre cercato di innovare e crescere, e questo ha sempre creato nuove opportunità. Più l’uomo si è elevato, più ha potuto esplorare nuove strade. L’intelligenza artificiale oggi è questo. Le possibilità che può generare si moltiplicano. L’uomo non dovrà più pensare ai lavori ripetitivi. Potrà dedicarsi più ai suoi bisogni in quanto uomo». Qualcuno parla di un neoumanesimo, alla luce di un boom degli studi classici. «Più ci si eleva come qualità e come servizi, più si è liberi di pensare al benessere dell’uomo, a temi come la psicologia, all’arte, staccandosi dalla parte meccanica a cui penserà la macchina stessa. Si penserà di conseguenza anche in termini psicologici il mondo delle macchine e come queste possano fornire un servizio valido all’uomo».